Museo della Resistenza

Valle d'Aosta | Valpelline (AO)

Il luogo e le vicende

Valpelline, abitata da circa 700 abitanti, è situata nell’omonima valle delle Alpi Pennine in Valle d’Aosta a 960 metri di altitudine, a lato della valle del Gran San Bernardo che tramite il celebre passo porta nel Valais svizzero. Nel corso dei secoli le Alpi hanno costituito spesso un luogo di rifugio e di accoglienza; in particolare, durante la seconda guerra mondiale, la valle di Valpelline è stata percorsa da un gran numero – ancora imprecisabile – di persone in fuga dalle persecuzioni razziali e politiche per cercare di raggiungere la Svizzera, neutrale al conflitto. Tra il 1943 e il 1945 non furono solo gli ebrei a cercare – e trovare – rifugio in Svizzera attraverso i sentieri dell’Alta Valpelline, ma anche numerosi personaggi della vita intellettuale e politica valdostana e italiana. Tra questi, ad esempio, Luigi Einaudi, presidente della Repubblica italiana dal 1948, o Maria José di Savoia principessa del Piemonte, ma anche ex prigionieri alleati (inglesi, australiani, neo-zelandesi) o antifascisti valdostani. Nel corso dei mesi passarono dai boschi e affrontarono alte e impervie cime anche partigiani valdostani in ripiegamento. Alcuni partirono da By di Ollomont, altri valicarono la Fenêtre-Durand a circa 2800 metri, altri il Col de Barasson, altri ancora il Col Collon e il Col de Valsorey (3016 m), oppure percorsero la strada da Aosta al Col du Grand-Saint-Bernard (2474 m). Quelle strade, monti e sentieri furono percorsi anche al contrario, nell’estate 1944, quando diversi italiani internati in Svizzera tornarono in Italia per partecipare attivamente alla Resistenza. In quei mesi la guerra, insomma, per gli svizzeri giunse davvero alle porte, e diventò drammaticamente percepibile con l’esodo di una moltitudine di profughi che si accalcava alla frontiera. Solo a partire dalla proclamazione dell’armistizio italiano, l’8 settembre 1943 nella memoria collettiva delle popolazioni elvetiche alla frontiera meridionale rimase inciso un segno indelebile. Prima di allora, infatti, la guerra appariva come qualcosa di tremendo, incombente, ma lontano, percepito indirettamente solo attraverso resoconti di giornali e notiziari radiofonici. E tuttavia, durante il biennio 1943-1945, la frontiera italo-elvetica non assunse importanza solo come portale d’accesso a una possibile “terra d’asilo”. Oltre a separare un paese in pace da un’area sconvolta dalla guerra, il confine divideva anche due realtà socio-economiche opposte: quella italiana al collasso, quella svizzera – relativamente alla congiuntura bellica – molto stabile. Questo divario causò nelle regioni di frontiera un’impressionante recrudescenza del fenomeno del contrabbando.

Lo spazio permanente a Valpelline è stato inaugurato domenica 10 agosto 2008, in occasione della Rencontre des Émigrés. Anche questo allestimento si inserisce nel progetto “La Memoria delle Alpi” per la costruzione di una rete museale transfrontaliera dedicata al territorio alpino e alla sua storia e costituita da ecomusei, musei all’aperto, musei diffusi con l’intento di sviluppare il concetto di memoria di una particolare area geografica nelle sue diverse declinazioni: memoria fisica del territorio, memoria dell’insediamento umano e memoria storica di determinati periodi ed eventi. Nello specifico, la sede individuata a Valpelline è la biblioteca comunale “Abbé Henry”. Per questo allestimento, intitolato Il sentiero della speranza. La Svizzera terra d’asilo. 1943-45, si è scelto di concentrarsi sul racconto del transito verso la Svizzera – e quindi verso la salvezza – di un numero imprecisato di profughi di guerra, perseguitati politici e razziali dall’armistizio dell’8 settembre fino alla fine della guerra. Un certo rilievo è riservato ai personaggi più noti, come Luigi Einaudi, che prima di varcare il confine fu ospitato presso il castello Farinet di By. Più in generale, attraverso una cospicua raccolta di documentazione bibliografica, fotografica e multimediale i visitatori possono ripercorrere le vie di transito che, durante la seconda guerra mondiale, consentirono di raggiungere la Svizzera a profughi, perseguitati politici e razziali. L’esposizione è arricchita dalla proiezione di un video documentario nel quale viene ricostruito l’itinerario compiuto dagli abbés Joseph Bréan, Alexandre Bourgeat, e da Amedée Berthod, antifascisti valdostani, in fuga verso la Svizzera dopo l’arresto e la morte della loro guida, Emile Chanoux, avvenuta il 18 maggio 1944. L’allestimento, diviso per temi e per protagonisti, si basa su documenti e fotografie provenienti dalle raccolte archivistiche dell’Istituto della Resistenza valdostano, ma anche dagli archivi federali svizzeri e da privati. Lo sviluppo del tema non si esaurisce con l’allestimento “indoor” ma continua anche all’esterno del paese: tre pannelli contrassegnano infatti il percorso che dal villaggio di Glassier in Ollomont conduce in Svizzera, a Bourg-Saint-Pierre o nel Val de Bagnes, attraverso la Fenêtre-Durand che chiude il vallone di By.

Comune di Valpelline