Museo della Fine della Guerra


Lombardia | Dongo (CO)

Il luogo e le vicende

Dongo è un piccolo paese che dalla sponda occidentale si affaccia sul lago di Como, vicino al confine italo-svizzero. Il 27 aprile 1945, un distaccamento della 52ª Brigata Garibaldi vi sorprese Benito Mussolini in fuga travestito da soldato tedesco mentre tentava di oltrepassare la frontiera. Il 25 aprile, dopo l’intimazione da parte della delegazione del ClnAi di resa incondizionata di tutti i fascisti e i militi della Rsi, l’ex capo del fascismo era fuggito da Milano in direzione di Como insieme ai suoi più fedeli seguaci, nascondendosi tra i soldati di una colonna tedesca in ritirata verso la Svizzera. All’alba del 27 aprile, però, la colonna venne intercettata e bloccata dai partigiani sulla strada che costeggiava il lago, e il tenente Birzer, che comandava il reparto tedesco, fu costretto a trattare, accettando le condizioni imposte dai garibaldini: il permesso di continuare la fuga per le truppe tedesche e il fermo di ogni fascista presente nel convoglio. I fascisti cercarono allora inutilmente di darsi alla fuga e, insieme a Mussolini, vennero arrestati 57 gerarchi e ministri della Rsi e l’amante del duce Claretta Petacci. Giunta notizia che gli americani erano già entrati a Como città, Mussolini e la Petacci vennero separati dagli altri prigionieri e accompagnati nel comune di Borzanigo, dove passarono la notte in una casa colonica di Giulino di Mezzagra. La mattina successiva, pur tra le riluttanze del Cln comasco, furono consegnati dai garibaldini all’inviato del ClnAi Walter Audisio “Valerio” che – insediato un Tribunale militare di guerra secondo le disposizioni impartite dal ClnAi al momento della proclamazione della insurrezione generale – decretò per loro e per alcuni gerarchi fascisti la pena di morte. La fucilazione del duce e di Claretta Petacci fu eseguita la mattina del 28 aprile, davanti al muro di cinta della Villa Belmonte mentre 15 dei 57 gerarchi furono fucilati nella piazza di Dongo. Il giorno dopo, i corpi furono trasportati a Milano per essere esposti a Piazzale Loreto, la stessa sorte riservata un anno prima ad alcuni partigiani fucilati durante una rappresaglia. Con un comunicato ufficiale, il ClnAi, si assunse la responsabilità politica e morale dell’esecuzione e della condanna a morte di Mussolini.

Voluto fin dall’inizio degli anni Novanta del Novecento da un gruppo di ex partigiani e in particolar modo dall’Anpi, il Museo della Resistenza comasca è stato inaugurato nell’aprile 1995 dal presidente del Senato Carlo Scognamiglio nel palazzo municipale di Dongo. Un’esposizione che, data la forza simbolica del luogo, affiancava quel patrimonio di conoscenza e di memoria che faceva parte dell’esistenza stessa del paese, delle sue strade e del suo palazzo comunale, sfondo storico di eventi cui erano rimasti indissolubilmente legati. Il museo esponeva cimeli, fotografie, documenti storici e pannelli didattici relativi alla lotta partigiana sul Lago di Como, con particolare attenzione agli eventi accaduti nella zona di intorno a Dongo. Obiettivo della raccolta era dunque quello di fornire strumenti di aiuto alla memoria: documenti, fotografie, ritagli di giornale e testimonianze che coprivano un lungo arco cronologico, dalla fine della Grande guerra alla caduta del regime fascista e alla lotta partigiana nel Comasco e nell’Alto Lario. Nella mostra, articolata in due stanze, erano esposti materiali iconografici e documentari – quasi tutti fotocopie degli originali – recuperati nei fondi dell’Archivio di Stato di Como e dell’Istituto Comasco per la storia del movimento di liberazione (oggi Istituto di Storia Contemporanea “Pier Amato Perretta”). Il nuovo allestimento del 2014, che si snoda nelle sale al pian terreno dello storico Palazzo Manzi, raccoglie idealmente l’eredità di quella prima semplice esposizione che ebbe il merito di conservare un patrimonio di memorie che rischiava di andar perduto. Con lo stesso spirito, il Museo della Fine della Guerra intende oggi ridar colore e voce ai ricordi sbiaditi della Liberazione, attraverso moderne tecnologie interattive e un linguaggio capace di parlare anche alle nuove generazioni. L’allestimento attuale, che si snoda in 7 sale, ha dunque la forma di un racconto multimediale. La prima sala è dedicata ai giorni della Liberazione nell’aprile del ’45: sul muro una stampa a grandezza naturale raffigura Palazzo Manzi in quei giorni e dal soffitto calano giornali. Una “pioggia di notizie” che si accompagna al sonoro dei comunicati radiofonici di Radio Londra in cui si riconoscono le voci di Sandro Pertini e del colonnello Stevens. La seconda sala è dedicata ai fatti di Dongo e racconta tramite un filmato l‘episodio della cattura e l’esecuzione dei gerarchi e di Mussolini. La terza sala è dedicata al ricordo dei partigiani. Sulle pareti si vedono le fotografie dei protagonisti della Resistenza, mentre una voce cita vari frammenti da testi e lettere dei partigiani. La quarta sala è divisa in due da una tenda tricolore, ed è composta da immagini e parole che mettono a confronto due luoghi contrapposti: la fabbrica resistente (la Falck) e il presidio fascista delle Brigate Nere. La quinta sala, forse la più suggestiva, è dedicata alle storie e alle memorie della Resistenza, con sedie intorno al camino che ricordano quando i nonni, la sera, raccontavano ai nipoti le loro storie.

La sesta sala approfondisce diverse tematiche, estese ad un territorio più ampio, comasco ma anche europeo: dalle vicende partigiane e fasciste nell’area comasca, agli eventi bellici tra il ’43 e il ’45 in Europa. In particolare viene dato risalto agli eventi di Arromanches-les-Bains, cittadina gemellata con Dongo: proprio Arromanches, infatti, è una delle località della Normandia dove avvenne lo sbarco degli Alleati il 6 giugno del ’44. In risalto anche l’episodio della liberazione della città di Como da parte dei partigiani e il successivo arrivo degli Alleati sulle sponde lariane. L’ultima sala è un “ambiente immersivo” in cui, tramite proiezioni di filmati riflesse su specchi, vengono narrati i giorni precedenti all’arresto di Mussolini, quando sui monti sopra Dongo, i militi fascisti uccisero dei partigiani (tra cui Giulio Paracchini, cui è intitolata oggi la piazza in cui si trova il Museo), e crearono un ambiente rancoroso in paese, proprio 3 giorni prima della cattura del Duce. Oltre ad ospitare il Museo, il cortile interno di Palazzo Manzi è punto di partenza di diversi itinerari storici realizzati dalla Provincia di Como nell’ambito del progetto “Fine della Guerra”. Attraverso un percorso di segnaletica turistica con lo scopo di valorizzare i luoghi del territorio lariano che furono teatro di avvenimenti storici fondamentali per la conclusione del secondo conflitto mondiale, sono stati individuati 4 percorsi tematici ‒ Le vie della salvezza verso la Svizzera, I percorsi partigiani tra i due laghi, I percorsi partigiani in alto lago e Le ultime ore di Mussolini ‒ che narrano i fatti che si svolsero tra l’8 settembre 1943, all’annuncio dell’armistizio, e il 28 aprile 1945, giorno della fucilazione del duce e dei gerarchi. A Dongo sono stati posizionati ben sette cartelli: la Piazza Paracchini e Palazzo Manzi, la ringhiera sul lungolago, l’ingresso delle ex acciaierie Falck, il santuario Francescano, lo scalo della Navigazione, la chiesetta di san Gottardo. Ma Dongo non offre solo questi come luogo in cui la memoria di quel passato si materializza: il viaggiatore interessato non solo alle bellezze del paesaggio può, infatti, ripercorrere concretamente l’itinerario delle ultime ore di Mussolini: dalla strettoia del Punchett, una strada ormai dismessa dove la colonna tedesca in fuga verso la Valtellina fu fermata dai partigiani, alla piazza sul lago in cui il duce venne riconosciuto ed arrestato, fino a Palazzo Manzi, dove fu per la prima volta interrogato.

Comune di Dongo