Emilia Romagna | neviano degli Arduini (PR)
- resistenza in montagna,stragi
Il luogo e le vicende
Nell’estate 1944 il rafforzamento della guerriglia partigiana nel Parmense ‒ con la liberazione di vaste zone montane sottratte al controllo dei fascisti e l’avvicinarsi del fronte ai contrafforti appenninici ‒ spinsero i comandi della Wehrmacht in Italia ad organizzare una serie di importanti operazioni di rastrellamento alle spalle della linea Gotica, con il duplice obiettivo di “ripulire” il territorio del retrofronte dalla guerriglia partigiana, e di rastrellarvi manodopera per l’industria bellica del Reich. I rastrellamenti, sotto il nome in codice “Wallenstein“, avvennero con un massiccio impiego di truppe e interessarono in sequenza l’area ad est del passo della Cisa, fino alla statale del Cerreto (Wallenstein I, 30 giugno-7 luglio), le valli del Taro e del Ceno (Wallenstein II, 18-29 luglio), il territorio della “repubblica partigiana” di Montefiorino tra il Reggiano e il Modenese (Wallenstein III, 30 luglio-7 agosto). La zona appenninica tra Val d’Enza e Val Baganza fu la prima ad essere investita dalle grandi operazioni di “lotta alle bande”. Qui, fra la sera del 30 giugno e durante la giornata del 1° luglio, le truppe si macchiarono di gravi eccidi. Secondo le fonti tedesche oltre 1.100 uomini, dei circa 2.500 rastrellati durante l’operazione “Wallenstein I”, furono deportati in Germania dalle province di Parma e di Reggio Emilia per essere impiegati nel lavoro coatto. Nelle frazioni del Comune di Neviano Arduini, le truppe tedesche lasciarono dietro di sé una lunga scia di sangue e di distruzione. A Mozzano, Lodrignano, Lupazzano vennero fucilati civili, saccheggiate le stalle, distrutte le abitazioni e deportati gli uomini, che sarebbero poi stati inviati in Germania come lavoratori coatti. Nel solo comune di Neviano Degli Arduini furono 33 le vittime, tutti civili sorpresi dall’arrivo dei militari o scoperti nei nascondigli dove si erano rifugiati per sfuggire alla cattura. Il bilancio complessivo delle violenze compiute nel Parmense nel corso dell’operazione “Wallenstein” è di 156 vittime civili e di 70 caduti tra i partigiani, oltre all’incendio di numerosi abitati (Moragnano e Rusino intorno al Monte Fuso; Strela, Cereseto e Sidolo nel Bardigiano; Alpe, Setterone e Strepeto, frazioni di Bedonia). A ciò è da aggiungere la deportazione di 1.798 persone, catturate in parte anche nella provincia di Reggio Emilia.
Il museo storico della Resistenza di Sasso (Neviano degli Arduini) costituisce un singolare documento di storia della memoria, che testimonia il tentativo pionieristico ‒ messo in atto nel 1973 da alcuni protagonisti della stagione partigiana ‒ di trasmettere alle generazioni successive un’esperienza fondamentale del loro passato. Ad oltre trent’anni da quel lontano esordio, nell’aprile 2005 il museo è stato riaperto al pubblico in una nuova sede e con un percorso espositivo interamente rinnovato secondo criteri museologici e storiografici aggiornati. L’allestimento attuale, infatti, propone una rigorosa ed accurata ricostruzione degli avvenimenti che si svolsero fra il 30 giugno e il 7 luglio 1944 nell’area appenninica a est della strada statale della Cisa, durante il rastrellamento condotto da reparti tedeschi e unità della Rsi. Allo stesso tempo, però, nel racconto che il museo affronta c’è molto di più: c’è il ‘microcosmo’ della banda partigiana, impegnata a combattere – una alla volta o tutte insieme- le “tre guerre” di cui ha scritto Claudio Pavone, e c’è la gente della montagna, immiserita dalla guerra e sulle cui spalle gravava il peso delle rappresaglie, delle requisizioni fasciste, del mantenimento dei gruppi partigiani. Il racconto del Museo disegna dunque gli scenari della guerra, i contesti spazio-temporali e la dimensione sociale entro cui si collocò l’evento-chiave delle stragi dell’estate ’44. Il meccanismo narrativo è affidato ad un’ampia documentazione fotografica, alla cartografia storica, alle testimonianze materiali (armi, uniformi, equipaggiamenti) e, soprattutto, a una toccante sequenza di filmati: dall’intensa videoclip di apertura al documentario conclusivo, “Luglio 1944”, in cui 17 sopravvissuti rievocano, sessant’anni dopo ma con immutata emozione, la dolorosa memoria dell’eccidio. All’esterno del museo il logo 07.44 accoglie il visitatore, rimandando significativamente all’eccidio che tra il 30 giugno e la prima settimana di luglio del 1944 insanguinò il Nevianese. Accanto alla porta una targa, inaugurata il 25 aprile 2012, ricorda Salvatore Maneschi (1897-1972), primo dedicatario del Museo. Il nuovo museo si trova nella frazione di Sasso, nel comune di Neviano degli Arduini, a 39 km. da Parma e a pochi minuti dall’oasi naturalistica del Monte Fuso. La sede del museo è al piano terra di un’antica casa in pietra, interamente restaurata, che sorge lungo la strada per Scurano.
- Vittorio Barbieri, La popolazione civile di Parma nella guerra 1940-45, Associazione nazionale vittime civili di guerra – sezione di Parma, Parma 1975.
- Leonardo Tarantini, La resistenza armata nel parmense. Organizzazione e attività operativa, Istituto storico della resistenza, Parma 1978.
- Mario Rinaldi, Achtung! Banden! Album fotografico della guerra partigiana nel Parmense, Battei, Parma 1991.
- Carlo Gentile,Truppe tedesche e repressione antipartigiana nell'Emilia occupata, in "Storia e documenti", n. 6, 2001, pp. 115-36.
- Centro studi movimenti (a cura di), Una stagione di fuoco. Fascismo guerra resistenza nel Parmense, Fedelo’s, Parma 2015.