Piemonte | Torre Pellice (TO)
- resistenza in montagna
Il luogo e le vicende
In provincia di Torino, nella zona delle valli valdesi che comprendono la Val Pellice, i valloni di Angrogna e Rorà, la Val Germanasca e parte della bassa Val Chisone, Torre Pellice è il centro della comunità religiosa valdese, il cui nome deriva dal movimento ereticale medievale nato verso la fine del XII secolo. Minoranza religiosa con caratteristiche culturali e morali vicine al protestantesimo, dotata di strutture democratiche e di forte attenzione ai valori civili, i valdesi non reagirono subito in modo deciso al fascismo e alle sue persecuzioni. Gradualmente, però, anche grazie all’influenza di Mario Alberto Collier, intellettuale valdese legato al Partito d’Azione, soprattutto i settori giovanili più aperti si mossero in direzione di un antifascismo più rigoroso, malgrado la neutralità ufficiale della chiesa. Inoltre, dopo i primi bombardamenti aerei su Torino e su Milano, dall’estate 1943 Torre Pellice fu sede di sfollamento di diversi esponenti piemontesi dell’appena costituito Partito d’Azione, particolare che condizionò politicamente l’iniziativa partigiana nella zona. Subito dopo l’8 settembre, infatti, alla presenza dei dirigenti azionisti e al loro impegno nella guerriglia corrispose la nascita dei primi nuclei di volontari locali che agirono nelle valli. Oltre ad accettare la guida politico-militare del Partito d’Azione, le bande sorte in val Pellice si appellavano anche alla tradizione valdese di lotta in difesa della libertà: per questo molti partigiani scelsero la strada della lotta armata anche per motivazioni di fede. Gran parte dei volontari valdesi fu inquadrata nella V Divisione GL intitolata a un caduto di religione cattolica, Sergio Toja, ma partigiani valdesi combatterono anche nelle altre formazioni delle valli, da quelle garibaldine ‒ che dalla valle del Po arrivavano fino al vallone di Rorà ‒ a quelle autonome della Divisione Val Chisone “Adolfo Serafino”. Il movimento partigiano nelle valli Pellice e Germanasca ebbe una fase di rapida espansione, fino alla liberazione di queste zone già nel febbraio 1944, alla quale seguì, dal 21 al 24 marzo, un pesante rastrellamento condotto dalle SS italiane sotto il comando tedesco e con l’appoggio di soldati del Reich, che costrinse i partigiani a ripiegare e a riparare in Val di Susa oppure in Francia. La successiva riorganizzazione e la ripresa della guerriglia nei mesi successivi subirono un’ulteriore battuta di arresto con i rastrellamenti dei primi di agosto, che posero definitivamente fine all’esperienza delle zone libere. Tuttavia, a metà di agosto le formazioni si ricostituirono, dandosi un nuovo assetto e strutturandosi ufficialmente nella V Divisione GL che giunse a contare quattro brigate, e che continuò a combattere sia nelle valli che in pianura, tra il Pinerolese e le pendici del Monferrato, fino al 27 aprile 1945, quando la V Divisione e la Divisione autonoma di Val Chisone (trasformate rispettivamente in 45ª e 44ª divisione unificata, dopo la riorganizzazione complessiva delle unità partigiane piemontesi) liberarono completamente le valli Chisone e Pellice.
Il Museo valdese di Torre Pellice è il capofila dell’intero sistema museale delle valli valdesi, che comprende una decina di musei e alcuni luoghi simbolo della storia valdese. Le sue origini risalgono al 1889, quando, in occasione delle celebrazioni del bicentenario del “Glorioso Rimpatrio” dei valdesi dall’esilio svizzero, fu inaugurato il Musée Vaudoise, destinato alla conservazione del patrimonio e della memoria culturale valdese. Quella prima raccolta di materiali (oggetti, documenti, quadri, fotografie) fu originariamente sistemata nella Casa Valdese, dove si trovavano anche l’aula sinodale e gli uffici della Tavola valdese (il massimo organo ecclesiastico e di governo della Chiesa valdese). Quattro anni più tardi, la gestione del Museo fu affidata alla Société d’Histoire Vaudoise. Nel 1939, in occasione del 250° anniversario del “Rimpatrio”, il Museo fu trasferito in uno stabile di proprietà della Tavola valdese, oggi adibito a Foresteria: cercando di affermare l’identità valdese nell’imminenza della guerra, esso si strutturò, in uno spazio più ampio, soprattutto come museo etnografico, con l’intento di non rivolgersi più solo alla comunità valdese, ma anche ad un pubblico più vasto. Nel corso degli anni, il museo subì numerosi ampliamenti e ristrutturazioni, fino al 1989, quando, nel terzo centenario del “Rimpatrio” la Società di Studi Valdesi e la Tavola valdese costituirono la Fondazione Centro Culturale Valdese con lo scopo di conservare e gestire in modo unitario il patrimonio bibliotecario, archivistico e museale valdese. In quell’anno esso fu dunque trasferito nell’attuale sede dell’ex convitto valdese, costruito nel 1922, che aveva cessato la sua attività alla fine degli anni Settanta. Nella sua conformazione attuale il museo è diviso in due sezioni: una storica e una etnografica. La parte etnografica ha trovato sistemazione nel seminterrato e nella ex piscina, mentre la sezione storica è ubicata nella parte superiore dell’edificio. Il criterio seguito nella presentazione del materiale è essenzialmente pedagogico, tenendo conto di un pubblico di visitatori molto vario e spesso poco informato. La sezione è cronologicamente suddivisa in sette periodi, ai quali corrispondono altrettante tappe della vita dei valdesi: Medioevo, Riforma, Controriforma, Rimpatrio, Ghetto, Ottocento e Novecento. Nelle diverse sale sono ricostruite, attraverso pannelli e bacheche che espongono documenti, fotografie e oggetti d’epoca, l’origine e la diffusione del movimento valdese dal Medioevo, spiegandone la concezione della chiesa e del culto, descrivendone le persecuzioni e le repressioni subite, l’esperienza dell’esilio, del “Glorioso rimpatrio” del 1689 e del “Ghetto” − quando per 150 anni i valdesi dovettero vivere chiusi nelle loro Valli a causa degli editti sabaudi −, fino al riconoscimento dei diritti civili, ottenuto nel 1848 da re Carlo Alberto. L’ultima sezione illustra la vita delle chiese valdesi durante il ’900 ed è suddivisa in tre momenti: prima guerra mondiale, periodo fascista, e Resistenza. I pannelli di questa sezione descrivono in primo luogo la partecipazione dei valdesi alla Grande guerra, poi l’emarginazione, le discriminazioni e le persecuzioni subite dalle chiese evangeliche italiane durante il regime fascista, con la conseguente riduzione della loro attività, ed infine l’adesione di parecchi giovani evangelici alla resistenza, militando in diverse formazioni partigiane. Il percorso si chiude con l’esposizione di immagini della vita di chiese ed opere valdesi e metodiste di oggi.
- Via Beckwith, 3 - Torre Pellice (TO)
- 0121.932179
- segreteria@fondazionevaldese.org
- www.fondazionevaldese.org
- Ecomuseo della Resistenza della Val Pellice
- Mostra sulla resistenza di Perosa Argentina
- Ecomuseo della Resistenza in Val Sangone di Coazze
- Ecomuseo della Resistenza del Colle del Lys
- Centro di documentazione di storia contemporanea e della Resistenza nelle valli di Lanzo “Nicola Grosa” di Lanzo torinese
- Museo diffuso della Resistenza, della Deportazione, della Guerra, dei Diritti e della Libertà di Torino
- Centro studi Piero Gobetti di Torino
- Ernesto Comba, Luigi Santini, Breve storia dei Valdesi, Claudiana, Torino 1966
- Donatella Gay Rochat, La resistenza nelle Valli valdesi 1943-1944, Claudiana, Torino 1959
- Salvatore Mastrogiovanni, Un protestante nella resistenza, Claudiana, Torino 1985