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Lombardia | Bergamo (BG)

Il luogo e le vicende

Dall’autunno 1943 e, in misura crescente, nell’estate 1944, un po’ ovunque nelle valli e nelle zone di montagna del territorio bergamasco si formarono bande partigiane. I primi tentativi di organizzare gli sbandati dell’8 settembre rifugiatisi sui monti della bergamasca – tra i quali si trovavano molti dei 2500 ex prigionieri di guerra fuggiti dal campo della Grumellina – facevano capo alle organizzazioni comunista e azionista e ad alcuni antifascisti autonomi dai partiti, come Arturo Turani (fucilato il 23 marzo 1944 nella caserma di Seriate), che in breve tempo diede vita a diversi gruppi a Bergamo e in provincia. Non tutti riuscirono a sopravvivere e specie nel durissimo inverno 1944 molti di essi si sciolsero: tra novembre e dicembre, infatti, sia l’organizzazione di Turani sia la rete creata dal primo Cln vennero smantellate e unico riferimento per la lotta armata rimasero l’apparato comunista locale e gli azionisti. I luoghi dell’attività partigiana bergamasca erano i monti della zona attorno a Lovere e Clusone – dove, da un gruppo attivo fino dal novembre 1943, nacque nell’estate successiva la 53ª Brigata Garibaldi “Tredici Martiri” – e la Val Seriana, dove nell’autunno 1944, dalla cooperazione di tre preesistenti gruppi autonomi, si formò la Brigata Giustizia e libertà “Gabriele Camozzi”. Al loro fianco si costituirono, tra settembre e novembre, altre brigate, come la Gl “XXIV Maggio” e la Brigata Fiamme verdi “Fratelli Calvi” in Val Camonica. In pianura, lo sviluppo delle squadre sappiste – che svolgevano una certa presenza nel tessuto sociale di fabbrica e di paese – si concretizzò verso la fine del 1944 in una Brigata Sap di circa trecento uomini, dalla quale presero vita successiva altre formazioni. Ogni brigata aveva una propria zona operativa, abbastanza estesa ma priva di confini definiti, corrispondente in linea di massima all’area di provenienza del nucleo originario dei suoi componenti. Tuttavia, ciò non significava un controllo diretto della banda partigiana su quella parte del territorio. Per porsi al riparo da rastrellamenti nazisti e fascisti, le formazioni dovevano muoversi spesso e i rifugi alpini, le malghe isolate e meno accessibili, le cascine lontane dai centri abitati costituivano la loro “rete logistica”. Duramente colpito fin dai primi mesi, il movimento partigiano bergamasco subì sanguinose perdite nel corso della lotta, e in particolare durante i rastrellamenti autunnali: tra il novembre e il dicembre 1944, a eccezione della 53ª Garibaldi, tutte le altre brigate vennero smembrate dalla pressione nazifascista e dai compromessi con il nemico cui più di un comando fu costretto. La ripresa, sostenuta per le brigate Gl anche da rifornimenti aviolanciati dagli Alleati, avvenne con nuovi quadri dirigenti e reclutamenti tra il gennaio e marzo 1945.
Il Museo Storico di Bergamo, nelle sue forme attuali, è nato nel 1997, ma la sua storia ebbe inizio nel 1917 quando, con il nome di Civico Museo e Archivio del Risorgimento Nazionale di Bergamo, venne inaugurato nella sede dell’Ateneo in Città Alta. La sua prima sistemazione museale esplicitava le tesi dell’allora conservatore, Ciro Caversazzi, per il quale il primo conflitto mondiale rappresentava la quarta guerra risorgimentale. Alle prime importanti donazioni si aggiunsero presto altri lasciti che resero il locale insufficiente ad ospitare tutti i reperti; più idoneo risultò il rinnovato complesso della Rocca, di proprietà del Comune di Bergamo dal 1923, dove il museo venne trasferito nel 1934. Dopo un lungo periodo di chiusura durante la seconda guerra mondiale e il primo dopoguerra, il museo venne riaperto nel 1959 per essere poi risistemato e ampliato nel 1960, per il centenario della spedizione dei Mille, con l’aggiunta di una sezione dedicata alla lotta partigiana, in sintonia con una diffusa rilettura della Resistenza come Secondo Risorgimento. Nel 1994 è stato ideato un nuovo progetto di apertura del Museo della città che ha trovato una prima sistemazione provvisoria nel 1997 negli spazi dell’ex-convento di San Francesco; solo nel maggio 2004, infine, in Rocca è stata inaugurata la sezione ottocentesca, riallestita con nuovi criteri storiografici, museologici e museografici: temi portanti dell’esposizione non sono più solo le vicende politico-istituzionali e militari ma “l’età del Risorgimento” in senso ampio. A partire dal 2002 il Museo storico è stato affidato alla Fondazione Bergamo nella storia onlus che tutela, valorizza e promuove sia il suo circuito museale, ampliatosi fino a comprendere sei sedi museali e monumentali, sia il suo patrimonio storico. Il progetto principale della Fondazione è la creazione di un museo diffuso su più sedi che illustri le vicende di Bergamo e del suo territorio attraverso i secoli. Attualmente sono state realizzate le sezioni dedicate al Cinquecento e all’Ottocento, oggetto di un recente riallestimento nel 2013. In merito alla sezione dedicata al Novecento la Fondazione si è impegnata, nel corso dei quindici anni di attività, alla realizzazione di ricerche, iniziative e mostre, realizzate in collaborazione con l’Istituto bergamasco per la storia della Resistenza o con la Biblioteca “Di Vittorio” della CGIL Bergamo. In previsione di poter realizzare una sezione permanente dedicata al Novecento, la Fondazione promuove infatti la ricerca per l’organizzazione di iniziative e mostre temporanee che valorizzino il patrimonio novecentesco dei suoi archivi (documentari e fotografici) e delle sue collezioni. la pubblicazione del volume, nel quale si illustrano le vicende relative al campo di concentramento per prigionieri militari attivo nel corso del secondo conflitto mondiale anche in rapporto alla Resistenza locale. Infine, nel 2015 in occasione del centenario dell’ingresso italiano nella prima guerra mondiale, è stata riaperta al pubblico la Torre dei Caduti, arricchita di un nuovo percorso espositivo, prevalentemente fotografico, dedicato all’edificio e al contesto urbanistico e storico del monumento nel corso del Novecento.
Comune di Bergamo In gestione alla Fondazione Bergamo nella storia