I luoghi della deportazione

Trentino Alto Adige | Bolzano (BZ)

Il luogo e le vicende

Bolzano è nata all’incrocio di importanti vie di collegamento fra il Nord Europa e il Mediterraneo. Il territorio della provincia di Bolzano venne annesso al Regno d’Italia alla fine della Prima Guerra Mondiale: in quell’occasione la città divenne sede di una sottoprefettura mentre Trento fu capoluogo della regione annessa. Nel 1927 fu creata la provincia di Bolzano; la città, aggregato a sé il comune limitrofo di Gries, ne divenne capoluogo per una scelta politica che intendeva favorire la massiccia immigrazione di italiani in un luogo la cui popolazione era quasi completamente tedesca. La denazionalizzazione della minoranza tedesca era peraltro iniziata con il decreto legge Gentile del 1923 che introdusse l’italiano come lingua unica di insegnamento. Dal 1927 l’opera di nazionalizzazione fascista impose l’uso dei toponimi e delle vie esclusivamente in lingua italiana. In una zona non abitata della città, nel 1935 fu dato avvio alla costruzione del Rione Littorio e nel 1938 si iniziarono i lavori per la costruzione del vicino Rione Dux, composto delle cosiddette “Case semirurali”, cioè centinaia di case di piccole e medie dimensioni create per ospitare un elevato numero di famiglie di operai immigrati dalle campagne del Veneto e dell’Emilia Romagna. Nel 1939 si completò il collegamento dei due rioni con la zona industriale attraverso la costruzione del ponte Littorio e l’avvio della costruzione del ponte Rezia (ora chiamati, rispettivamente, ponte Roma e ponte Resia). Il tentativo del duce di trapiantare nuclei familiari di contadini italiani in tutta la provincia sudtirolese non raggiunse i risultati sperati: il gruppo italiano, infatti, rimase prevalentemente concentrato nei centri maggiori, in special modo a Bolzano. La notizia della caduta del fascismo, il 25 luglio 1943, non provocò nel territorio altoatesino le stesse manifestazioni avvenute nel resto d’Italia: la popolazione sudtirolese in attesa di una liberazione dal fascismo, accolse, infatti, con favore l’entrata massiccia delle truppe corazzate naziste. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 e la conseguente rottura dell’alleanza italiana con la Germania, l’esercito tedesco occupò l’Alto Adige, passato militarmente in mano nazista anche grazie alla collaborazione della SOD, Sicherheits-und Ordnungsdienst, la milizia territoriale composta da civili sudtirolesi. Le province di Bolzano e Trento costituirono, con la provincia di Belluno, la Operationszone Alpenvorland / Zona d’Operazioni nelle Prealpi, di fatto annessa al Terzo Reich. A capo fu posto Franz Hofer, il Gauleiter (comandante supremo) delle regioni già naziste del Vorarlberg e del Tirolo. Hofer, alle dirette dipendenze del Führer, era dotato di un potere esclusivo in campo legislativo, esecutivo e giudiziario. La città di Bolzano divenne capoluogo dell’OZAV, e ospitò le sedi di numerosi presidi militari germanici, il Tribunale Speciale e uno dei quattro Lager nazisti presenti nel territorio oggi italiano. Il campo di transito nazista si chiamava ufficialmente Polizeiliches Durchgangslager Bozen. Esso aveva una struttura del tutto simile a quella dei Lager d’Oltralpe. Come questi ultimi, infatti, aveva alle sue dipendenza alcuni campi satellite presenti nel territorio della provincia di Bolzano, i deportati vengono spogliati degli abiti civili, immatricolati e dotati di triangolo. È stata accertata, grazie alle testimonianze degli ex deportati, la collocazione di alcuni di questi campi a Merano in località Maia Bassa (in una caserma), a Certosa di Val Senales (in una caserma), all’imbocco della Val Sarentino (in baracche di legno), a Moso in Val Passiria (in una caserma), a Vipiteno, a Colle Isarco e a Dobbiaco. Il Polizeiliches Durchgangslager Bozen fu installato alla periferia di Bolzano, nel quartiere di Gries, nella primavera del 1944. Rimase attivo fino al 3 maggio 1945, quando fu dismesso. L’ubicazione del Lager corrisponde all’attuale numero civico 80 in via Resia; là sorgevano alcuni capannoni costruiti nel 1941 dal Genio militare italiano e adibiti a deposito; l’area quadrangolare del Lager occupa circa 13.000 metri quadrati, era cinta da un muro difeso da rotoli di filo spinato non elettrificato e da torrette di guardia poste agli angoli del muro. L’inizio dell’attività del campo bolzanino è direttamente successiva alla chiusura del Polizeiliches Durchgangslager Carpi, sorto a Fossoli di Carpi: dal Lager modenese giunsero a Bolzano, oltre ad alcune centinaia di deportati, il personale di guardia e i due comandanti. I deportati erano soprattutto prigionieri per motivi politici, cioè partigiani, vittime di rastrellamenti, scioperanti o sospettati, ma c’erano anche deportati per motivi razziali (ebrei e zingari) e ostaggi familiari, i Sippenhäftlinge. Questi ultimi furono arrestati dal gennaio 1944, da quando cioè fu emanata l’ordinanza di arruolamento di tutti gli uomini abili nati tra il 1894 e il 1926, che prevedeva l’arresto dei familiari per gli obiettori di coscienza e i disertori. Nonostante ciò, in Alto Adige i disertori sudtirolesi raggiunsero il numero di circa trecento. In dieci mesi di attività, nel Lager di Bolzano furono deportati circa undicimila civili, dei quali circa 3.500 inviati, attraverso tredici Transporte, nei Lager nazisti d’Oltralpe di Mauthausen, Flossenbürg, Dachau, Ravensbrück e nel complesso concentrazionario di Auschwitz. Testimonianze di ex deportati indicano quale luogo di caricamento dei deportati il binario sito nell’attuale via Pacinotti nella zona industriale, che dista dal Lager un chilometro in linea d’aria e che i prigionieri dovevano percorrere a piedi. Il lavoro coatto di donne e uomini deportati si svolgeva nelle officine all’interno del campo, in uno dei campi dipendenti, nelle caserme in prossimità del Lager e in città. Uno di questi luoghi si trova sotto la Galleria del Virgolo, dove ha avuto sede la IMI Industria Meccanica Italiana, fabbrica di produzione di cuscinetti a sfera, qui trasferita da Ferrara nell’inverno del 1944. Durante il periodo autunnale molti deportati furono impiegati nella raccolta delle mele nelle campagne vicine al Lager. Tra le molteplici atrocità perpetrate nel campo di Bolzano, si ricorda l’eccidio di ventitre uomini che lavoravano clandestinamente per l’OSS (Office of Strategic Services) americano, l’ORI (Organizzazione della Resistenza Italiana), e per il SOE (Special Operations Executive) inglese. Essi erano agenti catturati in missioni antinaziste e antifasciste al servizio degli Alleati. Vennero uccisi il 12 settembre 1944 nella stalla della Caserma di Artiglieria “Francesco Mignone” dopo essere stati rinchiusi nel Lager. Grazie a un’organizzazione clandestina politica che riproduceva la struttura partitica del CLN con il quale alcuni deportati erano in contatto, un certo numero di prigionieri fu aiutato ad evadere. Nel campo era presente anche un’organizzazione di assistenza che operava con l’ausilio di alcuni sacerdoti di Bolzano, per questo poi arrestati e deportati. A differenza di quanto accadde nei Lager d’Oltralpe, il campo di Bolzano non fu liberato, bensì dismesso dagli stessi comandanti nazisti che sapevano dell’avvicinarsi delle truppe alleate, tra il 28 aprile e il 3 maggio 1945.
Nel secondo dopoguerra, l’area occupata in precedenza dal campo di concentramento nazista è stata abitata da decine di famiglie, vittime dei bombardamenti. Molti edifici del Lager furono utilizzati come abitazioni; nei capannoni trovarono posto anche il Teatro del Lavoratore e un’officina meccanica. Tra il 1962 e il 1969 le baracche in legno e gli edifici in muratura dentro il recinto del Lager furono progressivamente abbattuti, non invece il muro di cinta. Il muro attuale è quello del Lager, e recinge una decina di condomini di proprietà privata. Dal 1996 l’Amministrazione Comunale di Bolzano ha dato avvio al Progetto-quadro “Storia e memoria: il Lager di Bolzano”, a cura dell’Archivio Storico. In molti anni sono stati realizzati lavori fondamentali per il recupero della memoria storica dell’ex Lager. Ricordiamo la realizzazione di circa 200 videointerviste ad ex deportati civili, condotta insieme alla Biblioteca Civica Popolare della Città di Nova Milanese, con particolare riferimento ai deportati del Lager di Bolzano. Contestualmente ha preso avvio una raccolta di studi, ricerche e pubblicazioni sul Lager. L’Archivio Storico ha istruito la pratica di imposizione di vincolo storico sul muro di cinta quale manufatto originario, e quindi alla sua successiva valorizzazione. Il muro è stato restaurato integralmente nel 2008, con un generoso contributo provinciale. Fin dal suo inizio inoltre, il Progetto-quadro “Storia e memoria: il Lager di Bolzano” ha coinvolto il mondo della Scuola, predisponendo con la Città di Nova Milanese il progetto specifico “Conoscere e comunicare i Lager”, grazie al quale nelle scuole locali sono stati portati mostre, libri e soprattutto centinaia di incontri con ex deportati. Di questo enorme progetto didattico vive oggi la parte relativa alla visita guidata all’ex Lager di Bolzano. All’Archivio Storico si deve la realizzazione del percorso di visita dei luoghi di storia della deportazione nazista a Bolzano. Il percorso parte dalla visita al muro di cinta del Lager di via Resia; dal punto di vista comunicativo, nel sottopasso di accesso al Passaggio della Memoria sono state collocate due grandi tabelle; l’una con foto di documenti donati da ex deportati all’Archivio Storico illustra il “cosa” si ricorda ovvero la storia del luogo, l’altra illustra il “come” si ricorda, e vuole far conoscere al visitatore la fitta serie di iniziative portate avanti dalla Città di Bolzano per salvare e per conservare i manufatti e i luoghi in città. L’aspetto della cura dei luoghi, che di fatto necessitano di continua e vigile attenzione, è poco noto ai più ma costituisce una parte importante del lavoro quotidiano per la memoria. Procedendo lungo il Passaggio della Memoria, si trovano altre sei tabelle con foto e dati storici. Il percorso di visita porta ad uno dei luoghi di lavoro coatto, la Galleria del Virgolo in via Claudia Augusta dove era situata la fabbrica della IMI. Anche qui, dal 2005 a seguito di un concorso artistico internazionale vinto dall’artista bolzanina Christine Tschager, è stata collocata un’opera in memoria del lavoro coatto dei deportati del Lager di Bolzano. Il percorso conduce il visitatore in via Pacinotti, in zona industriale, dove è tuttora conservato il binario da cui partivano i Transporte, vagoni piombati carichi di deportati diretti ai campi nazisti d’Oltralpe. Grazie alle ricerche degli ultimi anni un nuovo luogo di storia è stato aggiunto al percorso ideale, perché è stato salvato e comunicato anche il sito occupato dalle stalle della ex Caserma Mignone, dove all’alba del 12 settembre 1944 è stato consumato l’eccidio dei 23 sopra descritto. Nel 2015 è stata aperta al pubblico la Casa Semirurale di via Bari 11, situata a poche decine di metri dall’ex Lager nell’ex quartiere operaio delle Semirurali, in cui sono esposti disegni originali dal Lager e brani di testimonianze di ex deportati.
Muro del Lager di Bolzano – Proprietà privata di manutenzione comunale. Tutti gli altri luoghi sono di proprietà e di manutenzione comunale
Siti con testimonianze e materiali dei Comuni di Bolzano e di Nova Milanese: