Abruzzo | Ortona (CH)
- Campagna d'Italia
Il luogo e le vicende
Poco dopo la firma dell’armistizio dell’8 settembre 1943 l’Abruzzo si trovò al centro degli scontri sulla Linea Gustav che dal novembre tracciò il suo passo fino a Vasto, a pochissimi chilometri da Ortona. Già nell’estate c’erano state avvisaglie di uno scontro che presto sarebbe arrivato dentro le case e le piazze: il 27 agosto era stata duramente bombardata Sulmona, e solo quattro giorni dopo un altro devastante bombardamento toccò a Pescara, entrambe punti nevralgici della rete ferroviaria dell’Italia centrale. In poco tempo, insomma, specialmente il sud della regione divenne una sorta di enorme trincea fortificata di boschi e di alte montagne dove i tedeschi speravano di poter resistere all’avanzata alleata. E in effetti, per nove mesi le popolazioni della zona furono loro malgrado coinvolte in continui attacchi, rastrellamenti, saccheggi, deportazioni, stragi. Alla fine di dicembre, dopo la battaglia sul fiume Sangro, i tedeschi retrocessero fino al fiume Moro, lungo la linea Ortona-Orsogna-Guardiagrele e Ortona divenne teatro di un violentissimo scontro che le valse il triste titolo (echeggiato a lungo sulla stampa italiana ed estera) di “Stalingrado d’Italia” o “piccola Stalingrado”. Furono migliaia i soldati inglesi e canadesi morti durante la conquista della città, resa ardua dal fatto che le armate tedesche, spesso attestate sulle vette, dominavano facilmente le aree circostanti. Anche molti civili, che si erano rifiutati di abbandonare le proprie case, restarono vittime degli scontri che distrussero centinaia di case e chiese. Il 21 dicembre, due tremendi boati fecero saltare, insieme alla torre dell’orologio di epoca medievale, metà basilica di San Tommaso. A Ortona si combatté casa per casa, vicolo per vicolo: per la prima volta una battaglia coinvolse in maniera totalizzante un centro abitato che fu quasi completamente raso al suolo. Distrutto quel che c’era da distruggere e razziato cibo e acqua, lo sfollamento dei civili si trasformò in vero e proprio esodo di massa verso i paesi limitrofi. Altri, invece, vollero rimanere in città nonostante tutto, cercando rifugio nelle cantine oppure scavando grotte negli scantinati delle proprie abitazioni o, ancora, rifugiandosi nei sepolcreti del cimitero e restando così, per settimane, vivi in mezzo ai morti, fra tombe rivoltate dalle esplosioni che continuavano a devastare l’intero territorio. La guerriglia urbana fu incessante e nel momento in cui tedeschi e Alleati, decimati, non ebbero più altra strategia che inseguirsi nella città, i genieri dei due eserciti cominciarono a seminare incessantemente bombe, innescando esplosivi ad ogni crocicchio, con lo scopo di rendere il più possibile complicato l’avanzamento dei reparti d’assalto. Ortona fu presto ridotta ad un deserto di macerie. Il 28 dicembre le truppe tedesche decimate abbandonarono la città distrutta. Avevano perso la battaglia contro le armate canadesi. Il dopo-occupazione fu ugualmente devastante per i cittadini che erano riusciti a sopravvivere ai bombardamenti e ai numerosi crolli dei palazzi.
Lungo le strade c’erano centinaia di cadaveri insepolti, tedeschi, canadesi e ortonesi. Centinaia. Per giorni. Solo nella prima divisione di paracadutisti tedesca vennero registrate 450 vittime, ma la stima è da ritenere assolutamente per difetto. Da parte canadese, in tutto il corso della battaglia (dal Sangro alla liberazione di Ortona) i bollettini registrarono circa 4.000 caduti, tanto che fu costruito un cimitero canadese proprio nelle vicinanze di Ortona. I civili deceduti durante il conflitto furono 1.314. La ricostruzione fu lenta e aiutata dalle organizzazioni internazionali che non cancellarono però l’orrore del ritorno in una città annientata: l’ottanta per cento degli immobili era stato distrutto. Con decreto presidenziale del 16 giugno 1959 la città è stata decorata con Medaglia d’oro al valore civile.
Il MuBa, come viene chiamato più comunemente il Museo della Battaglia di Ortona, è di recentissima costituzione. Inaugurato il 6 giugno 2002 per volontà dell’amministrazione comunale di Ortona e di un comitato scientifico di studiosi del secondo conflitto mondiale, è attualmente ospitato nei locali dell’ex convento di Sant’Anna, sul corso principale della cittadina. La sua costituzione ha dato una risposta all’esigenza popolare di avere un luogo dove rendere onore ai tanti caduti ortonesi, oltre che ai militari che per la difesa della città persero la vita nel dicembre 1943. Non vuole essere un museo dei vincitori o dei vinti, si legge in una introduzione al Museo, ed in effetti all’interno si trovano indistintamente rappresentati reperti di guerra dell’uno e dell’altro schieramento. Punto forte del museo sono le immagini di guerra che, in enormi gigantografie ricoprono intere pareti: immagini della città distrutta che danno la sensazione di camminare dentro quel cumulo di macerie e che in quei giorni costituì l’unico panorama per i civili, per i militari e per chiunque si fosse arrischiato ad attraversare la città. Osservando queste grandi immagini, si percorre un tracciato tematico che rievoca l’orrore dal punto di vista dei civili, arricchito da suoni e rumori, oltre che da immagini e dal punto di vista, poi, di chi la guerra l’ha combattuta. Si incontrano, a proposito, due sezioni, una dedicata agli eserciti alleati e l’altra a quelli tedeschi, con una sequenza di reperti donati al Comune di Ortona da una fondazione di reduci canadesi. Altro materiale ‒ come i quotidiani dell’epoca, italiani e stranieri ‒ è stato invece prestato al museo da vari collezionisti. Oltre all’esposizione piuttosto “classica” di armi, divise, mortai ed oggetti di uso militare (taniche, gavette, taglierini, posate), è da rilevare la presenza di un grosso paracadute tedesco in seta che chiude idealmente la sezione dedicata ai militari. Sezione arricchita anche da dipinti realizzati da Chearles Comfort e Lawren Philip Harris, militari che combatterono la battaglia e che dopo qualche anno dipinsero quegli scenari impressi per sempre nelle loro memorie. Si entra così in una curiosa ed originale sala dedicata alle strategie di guerra, dove sono esposte le mappe studiate per la battaglia, oltre che quadri raffiguranti i movimenti degli eserciti e le zone di più duro scontro. Al centro della sala campeggia un plastico di Ortona distrutta, realizzato da un artista locale. Il percorso museale, costituito soprattutto con intenti didattici ed educativi, si conclude con la proiezione di un filmato in inglese che assembla riprese amatoriali e professionali realizzate durante i giorni della battaglia.
- Biblioteca (Biblioteca comunale di Ortona)
- Aula didattiche: il museo organizza laboratori per studenti e corsi di aggiornamento per i docenti sulla storia contemporanea
- Accesso ai disabili
- MuBa Bookshop
- Visite Guidate
- Sala mostre temporanee
- Sala conferenze
- Sito web
- Antonio Politi, I giorni del martirio: Ortona 1943, Ortona, 1948.
- AAVV, Antologia di testimonianze della battaglia di Ortona 21-28 dicembre 1943, Ed. Comune di Ortona, 1973.
- Nicola Di Tullio, La battaglia del Sangro, Rocco Carabba editore, Lanciano 1984.
- Giovanni Artese, La guerra in Abruzzo e Molise, Rocco Carabba editore, Lanciano 1993.
- Saverio Di Tullio, 1943: la via per Ortona, fumetto illustrato, edizioni D’Abruzzo-Menabò, Pescara, 1994.
- Costantino Felice(a cura di), La guerra sul Sangro. Eserciti e popolazione in Abruzzo (1943– 1944), Franco Angeli, Milano 1994.
- Costantino Felice, La battaglia di Ortona, edizioni Carsa, Pescara, s.d.
- Marco Patricelli, La Stalingrado d’Italia: Ortona 1943, una battaglia dimenticata, Utet, Torino 2002.