Emilia Romagna | Bologna (BO)
- Deportazione e internamento
Il luogo e le vicende
Nel 1938, con le leggi razziali, anche per gli ebrei bolognesi cominciarono le discriminazioni e la vita si fece più difficile, nonostante la Comunità ebraica locale tentasse di compensare le gravi limitazioni che via via si profilavano all’orizzonte quotidiano di molti uomini e donne. In conseguenza all’espulsione di docenti ed alunni dalle scuole pubbliche, ad esempio, la Comunità istituì le scuole elementari e medie. Le deportazioni cominciate dal novembre 1943 colpirono duramente la Comunità bolognese che ebbe 84 vittime fra cui anche il Rabbino Orvieto (rabbino di Bologna ininterrottamente per 44 anni, dal 1899 al 1943) e la moglie Margherita Cantoni. Molti bolognesi salvarono la vita a cittadini ebrei e, ugualmente, molti ebrei, malgrado le tristi condizioni, cercarono di aiutare fratelli di oltr’Alpe che arrivavano numerosi in Italia privi di mezzi e bisognosi di cure. La Delasem (Delegazione Assistenza Emigrati) ‒ per cui lavorò il giovane Mario Finzi, a cui è intestata la strada del Tempio, finché venne catturato dai tedeschi e deportato in Germania ‒ provvide i profughi del necessario. Molti ebrei bolognesi, inoltre, parteciparono attivamente alla lotta partigiana come il giovanissimo Franco Cesana e l’avvocato Mario Jacchia, comandante della Delegazione Nord Emilia, arrestato e ucciso a Parma nell’agosto 1944. Terminata la guerra, la Comunità di Bologna si riorganizzò. Non erano molti i componenti rimasti in città alla data del 20 aprile 1945,il rabbino era stato deportato e il Consiglio della Comunità non esisteva più. Anche la sinagoga era distrutta e non c’erano locali di riunione. Ciò nonostante, gli ebrei rimasti o tornati in città, riaprirono ufficialmente la sede della Comunità Ebraica, in via Gombruti. Tra loro Ubaldo Lopes Pegna, Giancarlo Sacerdoti e Bianca Colbi Finzi.
Il Museo ebraico di Bologna è nato nel 1999 ed è il primo museo ebraico italiano creato esclusivamente da enti ed istituzioni pubbliche in stretta collaborazione con la locale comunità ebraica e con l’Unione Comunità Ebraiche Italiane. È infatti gestito da una Fondazione pubblica creata dal Comune di Bologna, dalla Comunità Ebraica di Bologna e dall’Associazione Amici del Museo. Esso ha sede nel cinquecentesco palazzo Pannolini, nel centro storico della città, all’interno dell’ex ghetto storicamente delimitato dalle attuali Via Zamboni e Via Oberdan. La collocazione del museo all’interno del ghetto è un chiaro segno della volontà di spingerlo al di fuori delle proprie pareti, valorizzando la dimensione ebraica della città di Bologna. Il percorso espositivo ‒ articolato in quattro sezioni: identità ebraica, storia degli ebrei in Emilia Romagna, storia degli ebrei a Bologna e Shoah ‒ è solo marginalmente composto da oggetti: esso, infatti, sfrutta a pieno le potenzialità delle nuove tecnologie e propone al visitatore diverse possibilità, e tempi, di fruizione. Il MEB è dunque un museo interattivo; la visita alla sezione permanente si avvale di strumenti multimediali e di apparati espositivi che permettono una lettura del percorso storico con diversi livelli di approfondimento. Obiettivo dell’allestimento non è solo quello di narrare 4.000 anni di storia con un significativo focus sulla presenza ebraica nella città di Bologna e in Emilia Romagna, ma soprattutto quello di diffondere e rendere comprensibile la cultura ebraica sia attraverso una trattazione approfondita di storia e tradizioni, sia attraverso l’organizzazione di seminari, corsi di lingua e cucina, spettacoli ed itinerari nei luoghi ebraici. Di particolare impatto emotivo è la sala dedicata alla deportazione in Emilia Romagna, dove sono riportati i nomi di tutti gli ebrei della regione deportati. Esso, inoltre, si e’ candidato al ruolo di museo centro di un network museale regionale della memoria ebraica che comprenderebbe altri luoghi dell’Emilia Romagna quali Cento, Lugo e Ferrara (con il suo Museo Ebraico, le tre sinagoghe, il cimitero e l’antico ghetto), Modena e la sinagoga monumentale dell’emancipazione, Carpi con il Museo del deportato e il campo di Fossoli, Reggio Emilia con l’antica sinagoga del XVIII secolo, l’ex ghetto e il cimitero, Parma con la sinagoga ottocentesca e Soragna con il piccolo Museo Ebraico “Fausto Levi” e l’annessa sinagoga neoclassica.
- Museo monumento al deportato politico e razziale di Carpi (Mo)
- Museo ebraico di Ferrara