Emilia Romagna | Bologna (BO)
- Resistenza nelle città
Il luogo e le vicende
Con l’entrata in guerra dell’Italia, anche a Bologna la popolazione urbana dovette iniziare a fare i conti con le questioni legate alla sopravvivenza, sia per l’inasprimento delle condizioni di vita che per i bombardamenti aerei che, dal luglio 1943, cominciarono a scagliarsi sulla città. Con lo scorrere dei mesi e degli anni, le razioni alimentari diminuirono drasticamente, portando la popolazione alla fame e alimentando il mercato della “borsa nera”. I rischi connessi alle incursioni aeree, inoltre, avevano indotto molti a sfollare fuori città. L’occupazione tedesca della città del 9 settembre 1943 e il nuovo regime fascista collaborazionista aggiunsero alle privazioni della guerra un nuovo tipo di violenza diffusa: nella convinzione che la popolazione civile stessa dovesse considerarsi nemica, si intensificarono gli arresti, le sevizie, le rappresaglie, gli eccidi, il terrore. Ciò nonostante, fu anche nel cuore della città ‒ dove più assiduo era il controllo da parte di tedeschi e fascisti ‒ che i dirigenti politici della Resistenza bolognese cominciarono a incontrarsi clandestinamente, che le staffette sfidarono i posti di blocco e i rastrellamenti, che i partigiani portarono a termine attentati e scontri a fuoco. Come accadde il 9 agosto 1944, quando 12 partigiani 7ª brigata Gap assaltarono il carcere di San Giovanni in Monte e liberarono 340 detenuti politici. oppure il 7 novembre nelle strade adiacenti a Porta Lame. Quanto accadde quel giorno – passato alla storia come la battaglia di Porta Lame – va inserito in un contesto più generale, e legato alla convinzione diffusa in quei mesi dell’imminenza della fine della guerra. Quando però il 13 novembre del 1944 il generale Alexander – comandante in capo delle truppe alleate in Italia – comunicò via radio l’intenzione di rinviare l’offensiva alla primavera, diverse formazioni partigiane erano già confluite in città, dove un elevato numero di partigiani era in attesa di agire. All’alba del 7 novembre centinaia di militi fascisti e soldati tedeschi iniziarono un rastrellamento quando, in due palazzine danneggiate dai bombardamenti e apparentemente deserte, si imbatterono in una settantina di partigiani della 7ª Gap. Lo scontro fu inevitabile, duro e prolungato ma alla fine nazisti e fascisti da assedianti si ritrovarono assediati. Mancano notizie sicure sul bilancio finale dello scontro: fonti partigiane parlarono di 80 deceduti nelle file fasciste durante la battaglia o a seguito delle ferite riportate, mentre tra i resistenti ci furono 12 morti e 15 feriti. I fascisti ammisero 18 morti, mentre i tedeschi mantennero uno stretto riserbo sulle loro perdite. Non sempre, però, i partigiani riuscirono ad avere la meglio, come avvenne il 20 ottobre 1944 quando 200 militi della Gnr accerchiarono la sede centrale dell’Università per irrompere nell’Istituto di geografia, base cittadina dell’8ª brigata Giustizia e libertà. Il duro scontro a fuoco si concluse dopo un’ora: i partigiani furono percossi con i calci dei fucili e finiti a raffiche di mitra e colpi di pistola alla nuca; poi, i cadaveri del comandante della brigata e di altri cinque partigiani furono esposti nel cortile del rettorato fino al giorno successivo.
Il Museo memoriale della libertà si trova lungo la via Emilia levante verso san Lazzaro, a poca distanza dal Cimitero di guerra dei polacchi. È un’istituzione privata nata nel 2000 da un’idea della famiglia Ansaloni e dedicata ai protagonisti della linea Gotica. I ricordi personali e il patrimonio materiale e documentale posseduto dalla famiglia, infatti, hanno rappresentato lo stimolo di partenza per progettare un museo che, nelle intenzioni, doveva rendere comprensibili a tutti le vicende del secondo conflitto mondiale e, in particolare, della guerra a Bologna e lungo la Linea Gotica. In un unico percorso narrativo, il grande fabbricato che lo ospita è stato diviso in cinque sezioni, nelle quali altrettanti diorami ricostruiscono scene rievocative di quel periodo storico. I diorami sono stati realizzati utilizzando manichini estremamente realistici, sofisticate tecniche cinematografiche ed effetti speciali (come il pavimento vibrante sotto il bombardamento o il fumo delle granate dei partigiani), rumori e situazioni visivamente impressionanti, volte a trascinare i visitatori in un’atmosfera di forte coinvolgimento. I cinque quadri ricostruiscono un rastrellamento di civili in un borgo appenninico, le distruzioni in città causate dai bombardamenti alleati e la precarietà della vita quotidiana, le azioni partigiane in città (la battaglia di Porta Lame) e infine lo sfondamento della Linea Gotica con la conquista di monte Belvedere nel febbraio 1945. All’aperto, poi, si snoda una collezione di mezzi militari, sia alleati che italiani e tedeschi, tra cui un aereo bimotore e un carro ferroviario blindato utilizzato per le deportazioni verso i campi di concentramento. Infine, a conclusione del percorso è possibile vedere un filmato della durata di circa tre quarti d’ora contenente materiale inedito girato dal giovane Edo Ansaloni nell’ultimo anno di guerra.
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