Museo Storico Badogliano

Piemonte | Grazzano Badoglio (AT)

Il luogo e le vicende

A Grazzano, località del Monferrato situata al centro della direttrice Asti – Casale Monferrato, ha sede il Museo Storico Badogliano, ospitato nella casa natale del Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. In questa casa, egli nacque il 28 settembre 1871 e passò gli anni dell’infanzia. Nel 1887, quando giunse in Italia l’eco dei fatti di Dogali, il giovane Badoglio decise di intraprendere la carriera militare e, l’anno successivo, entrò nella Regia Accademia di Artiglieria e Genio, a Torino. Nel 1896 partecipò alla campagna d’Africa, giungendo in Eritrea dopo la battaglia di Adua e, nel 1911, in occasione della guerra contro l’Impero turco, fu trasferito a Tripoli e promosso al grado di maggiore. Allo scoppio della Grande guerra, Badoglio ricevette ulteriori promozioni fino al grado di colonnello e poi di maggior generale. Dopo l’ottobre 1917, per l’alto grado da lui ricoperto tra le fila dell’esercito italiano, si scatenarono molte polemiche in merito alle sue responsabilità nella disfatta di Caporetto, nonostante la Commissione militare d’inchiesta le avesse escluse. Ciò nonostante nel novembre 1918, a Villa Giusti presso Padova, Badoglio fu a capo della commissione italiana incaricata di imporre le condizioni di armistizio al comando austro-ungarico e, nel 1919, fu nominato senatore del Regno e promosso Generale d’Esercito, il massimo grado della gerarchia militare del tempo. Nel 1922, nell’imminenza della marcia fascista su Roma si disse convinto che il fascismo sarebbe potuto essere liquidato in poche ore con l’intervento dell’esercito e, quattro anni dopo, il regime di Benito Mussolini lo promosse maresciallo d’Italia. Nel 1928 iniziò la sua esperienza di governatore della Tripolitania e Cirenaica durante la quale procedette alla riconquista delle zone interne delle due colonie, ancora sotto stretto controllo delle forze locali ostili all’occupazione italiana. Badoglio, dunque, si trovò ad avallare i metodi cruenti con i quali il vicegovernatore Rodolfo Graziani deportò migliaia di libici e ne giustiziò molti altri dopo processi sommari. Cinque anni dopo, gli subentro alla carica di governatore Italo Balbo e, nel 1935, fu nominato Alto commissario e comandante delle Forze armate italiane in Africa Orientale, succedendo a sua volta a Emilio De Bono. Dopo che il 5 maggio 1936 entrò vittorioso in Addis Abeba, venne nominato viceré di Etiopia e duca di Addis Abeba. In forza di queste pagine della sua storia nessun potere pubblico gli chiese mai conto delle atrocità compiute dalle truppe ai suoi ordini, con il lancio di gas asfissianti e vescicanti sui seminudi guerrieri del negus Hailé Selassié. Nel 1937 cominciò a seguire le manovre preparatorie dell’esercito tedesco e, due anni dopo, in vista dello scoppio del secondo conflitto mondiale, segnalò a Mussolini l’impreparazione militare italiana, sconsigliano in più occasioni un intervento bellico. Nel dicembre 1940, dopo aver presieduto qualche mese prima la Commissione d’armistizio con la Francia a Villa Incisa all’Olgiata, presso Roma, si dimise dalla carica di capo di stato maggiore generale per contrasti con alcuni settori del fascismo e con il duce stesso sulla condotta della campagna contro la Grecia. Al momento della caduta di Mussolini, dunque, Badoglio conduceva vita privata, durante la quale dovette peraltro affrontare due gravi lutti: la morte in Tripolitania del figlio Paolo e quella della moglie Sofia, ai cui funerali, per disposizioni superiori, presero parte pochissime rappresentanze ufficiali. Quando il 25 luglio 1943 venne chiamato dal re a presiedere il nuovo governo, il maresciallo formò un gabinetto di alti burocrati, magistrati e militari cui furono demandate essenzialmente 4 funzioni: escludere da qualsiasi coinvolgimento i partiti antifascisti, reprimere i tentativi delle forze popolari di reclamare una radicale liquidazione delle impalcature dello stato fascista, sbarrare la strada a rivendicazioni che potevano minacciare la monarchia e prendere tempo con i tedeschi per trattare segretamente un armistizio con gli Alleati. Quest’ultimo venne appunto firmato in Sicilia, a Cassibile, il 3 settembre 1943 e Badoglio ne diede notizia al resto del Paese cinque giorni dopo, dopo aver abbandonato Roma insieme alla famiglia reale e ad altri alti gradi delle forze armate, senza lasciare alle truppe disposizioni sul comportamento da tenere di fronte alla prevedibile reazione tedesca. Raggiunta Brindisi, i “fuggitivi” diedero vita a un “governo del sud” da lui presieduto che, formalmente, garantiva, insieme alla corona, la continuità istituzionale ma che fruiva di limitati poteri e che proseguiva l’azione governativa secondo i criteri adottati dopo il 25 luglio. Il 29 settembre Badoglio sottoscrisse un nuovo armistizio con le forze alleate, il cosiddetto “armistizio lungo”, che lasciava ad esse il controllo totale, militare e politico sull’Italia mentre il 13 ottobre, sempre su pressione alleata, il governo del sud dichiarò guerra alla Germania. Vennero ricostituite dunque alcune unità del regio esercito, inizialmente impiegate nelle battaglie sull’Appennino meridionale e all’estremità orientale della “linea Gustav”. Nell’aprile 1944 l’arrivo a Salerno – dove il governo del sud si era trasferito in febbraio – di Palmiro Togliatti dopo anni di esilio, impresse una svolta decisiva alla situazione politica. Togliatti, infatti, propose il rinvio della questione istituzionale a dopo la liberazione e la formazione di un governo di coalizione antifascista per condurre la guerra al nazifascismo. Badoglio non osteggiò la proposta e, il 22 aprile, si insediò a capo di un gabinetto con i sei partiti antifascisti del Comitato di Liberazione Nazionale. Ma la decisione del sovrano di passare la mano al luogotenente dopo la liberazione di Roma segnò il crepuscolo delle fortune politiche del maresciallo che l’8 giugno fu costretto a dimettersi, sostituito dal liberale Ivanoe Bonomi. Nei primi anni del dopoguerra fu diverse volte inquisito per le sue convivenze con il regime fascista e dichiarato decaduto dalla carica di senatore. Già nel 1947, però, una sentenza lo assolse da tutte le accuse e annullò la sua revoca dal Senato. Pochi anni dopo, il 31 ottobre 1956, morì a Grazzano.
Il Museo Badogliano di Grazzano è variamente legato alla figura di Pietro Badoglio, non solo perché è allestito in quella che fu la sua casa natale, ma anche perché il nucleo originario dell’allestimento fu voluto e creato da Badoglio stesso. Nel 1921, in seguito alla morte del fratello Giuseppe, la casa venne venduta ma, fino al 1929 continuò a viverci la madre, Antonietta Pittarelli. Nel 1937, in segno di omaggio per la vittoriosa conclusione della campagna in Africa Orientale, la sezione casalese dell’Associazione nazionale mutilati e invalidi di guerra riacquistò l’edificio e lo donò al maresciallo. Badoglio lo accettò a condizione che venisse adibito ad asilo infantile (inaugurato il 24 ottobre 1937) e che due delle stanze a piano terreno ospitassero un piccolo museo coloniale, quello che costituì il primo nucleo dell’attuale esposizione. All’epoca, e fino alla sua morte, era lui stesso ad illustrare ai visitatori quelli che considerava i pezzi più significativi della piccola mostra. Quando nel 1988 venne chiuso l’asilo infantile, la piccola e originaria esposizione fu arricchita da ulteriori reperti e immagini e altre sale vennero allestite con lo scopo di documentare le tante vicende che hanno visto coinvolto il maresciallo Badoglio, il tutto però ‒ è necessario puntualizzare ‒ in una chiave più celebrativa che critica. Nell’estate 1990, dunque, l’esposizione venne aperta al pubblico e l’anno successivo si costituì il Centro culturale “Pietro Badoglio” che da allora si occupa della sua gestione. Compatibilmente con lo spazio disponibile, nella casa è oggi esposta una notevole quantità di fotografie, giornali d’epoca, libri, uniformi, armi e cimeli vari, provenienti dalla famiglia Badoglio e da una serie di donazioni private che nel corso degli anni si sono succedute copiose e costanti. L’allestimento è articolato in sette sale e due corridoi e ciascun ambiente svolge una trattazione tematica. Al piano terreno il visitatore è accolto da una serie di fotografie di Grazzano, un tempo sede di una rilevante abbazia benedettina fondata nel X secolo. Da questo si passa al salotto dell’antica casa Badoglio, dove è esposta una collezione di ritratti e fotografie degli antenati del Maresciallo e dei suoi famigliari e immagini della sua vita privata; qui l’arredo è rimasto sostanzialmente qual era alla fine dell’Ottocento e dalle sue caratteristiche è desumibile la condizione di agiatezza economica della famiglia Badoglio, il cui padre e nonno – entrambi effigiati in due ritratti – ricoprirono la carica di sindaco di Grazzano per diversi anni. La mamma Antonietta Pittarelli (anch’essa in vario modo ritratta) proveniva dalla buona borghesia astigiana: un suo fratello fu sindaco di Asti e cofondatore della locale Cassa di risparmio. Dalla sala degli affetti si passa a quella delle campagne d’Africa il cui materiale coincide in parte con quel primitivo nucleo ordinato personalmente da Badoglio alla fine degli anni trenta. In essa sono dunque esposti cimeli di varie campagne (1887, 1895-96, 1911-12, 1935-36), come, tra le molte cose, la sciabola del ras Alula, un cannoncino impiegato dalle artiglierie italiane nel 1895-96; la bandiera che per prima sventolò sul ghebì imperiale di Addis Abeba; l’uniforme indossata dal maresciallo il 5 maggio 1936 alla conquista della capitale abissina e varie armi da taglio africane. Sui muri sono stati conservati disegni di Mino Biuttafava che fu lo stesso Badoglio a commissionare e che illustrano i ras abissini e il territorio dell’Africa orientale. Il percorso continua poi seguendo cronologicamente la vita e la sua carriera militare: ampio spazio è dato alla Grande Guerra, ai cinque anni (1929-1934) durante i quali Badoglio fu Governatore della Tripolitania e Cirenaica e, naturalmente, alla campagna in Africa Orientale del 1935-36. Il primo piano della casa, invece, è in parte dedicato agli eventi della seconda guerra mondiale, ai fatti del 25 luglio e all’armistizio di Cassibile del 3 settembre 1943 – ripercorsi, però, solo attraverso alcune fotografie e frontespizi di giornali (talvolta in fotocopia) – e all’esperienza del secondo gabinetto Badoglio. Per completare la parte espositiva e arricchire questa ultima sezione, nel dicembre 2000, in una sala adiacente all’allestimento, è stata inaugurata una mostra permanente dal titolo L’Italia dei governi di guerra 1943-1945 che, attraverso un percorso didattico articolato in pannelli composti di immagini e testi, ripercorre gli avvenimenti che vanno dal luglio 1943 all’aprile 1945. La rassegna, rivolta prevalentemente alle scuole, è suddivisa in tre sezioni: 25 luglio 1943: la caduta del fascismo, Quando l’Italia era divisa in due, e La cobelligeranza antinazista. Il percorso si conclude nella sua camera da letto conservata con l’arredo della metà degli anni cinquanta quando Badoglio morì. In essa, poi sono esposte fotografie ed oggetti di carattere privato, relativi specialmente ai suoi ultimi anni di vita, e riguardanti la sua morte. Il museo possiede anche una discreta biblioteca che, oltre a ospitare i volumi di argomento storico-militare appartenuti al maresciallo raccoglie diverso materiale come una collezione di opere scritte su Badoglio a partire dagli anni del primo dopoguerra e i volumi offerti al museo nel corso degli anni. Nell’estate 2013 sono stati recuperati e aperti al pubblico alcuni locali al piano terreno fino ad allora inagibili e degradati dal tempo e dall’incuria. In uno di essi è stato collocato l’archivio documentario della Fondazione Badoglio, con carte datate tra il 1936 e il 1986. Un’altra sala è stata destinata alla consultazione e allo studio e nell’ultima sono stati riallestiti alcuni spazi a ricordo dell’Asilo Infantile “Antonietta Badoglio”, attivo dal 1937 al 1988.
Fondazione Badoglio In gestione al Centro culturale “Pietro Badoglio”