Sala Storica della Resistenza

Piemonte | Domodossola (VB)

Il luogo e le vicende

Domodossola, nel cuore dell’Ossola e adagiata sul fiume Toce, è da sempre luogo di passaggio per italiani e stranieri. Tra il settembre e l’ottobre 1944, Domodossola fu la capitale della zona libera passata alla storia come “Repubblica dell’Ossola”. In piena occupazione tedesca, infatti, il territorio della valle tra la frontiera Svizzera, Mergozzo e Ornavasso fu liberato dalle formazioni partigiane e per quaranta giorni amministrato da una giunta provvisoria. La liberazione della zona libera avvenne sotto la spinta di un movimento partigiano in espansione e galvanizzato dalla prospettiva di una vicina fine del conflitto, almeno nell’area nord-occidentale del paese. Dunque, i continui attacchi dei “ribelli”, intensificatisi nella tarda estate di quell’anno, costrinsero i presidi tedeschi e fascisti della valle ad allontanarsi e, la mattina del 10 settembre 1944, alcune centinaia di partigiani delle divisioni autonome “Valtoce” e “Valdossola” entrarono in Domodossola, dopo aver ottenuto, la sera prima, la resa del presidio nazista composto da circa 400 militari cui fu consentito di allontanarsi con il proprio armamento leggero in cambio di armi pesanti e munizioni. Oltre a queste formazioni, in val d’Ossola operavano anche la divisione autonoma “Filippo Beltrami” e due divisioni garibaldine (la “Piave”, e la 2ª Garibaldi). Il movimento partigiano si presentava dunque fortemente diviso dai diversi orientamenti politici dei vari comandi. Dalle trattative per la liberazione di Domodossola, ad esempio, furono esclusi i dirigenti della “Beltrami” e delle divisioni garibaldine. L’ipotesi dell’occupazione della zona era stata presa in considerazione dal comando del Cvl dietro richiesta degli Alleati che intendevano costituirvi una “zona franca” per la fine delle ostilità e, il giorno stesso dell’entrata partigiana in Domodossola, il comandante della divisione “Valdossola”, Dionigi Superti, pubblicò un’ordinanza costitutiva di una giunta provvisoria di governo, affermando di rappresentare le altre formazioni, di agire secondo le direttive del ClnAI e dietro mandato del Cln locale e della cittadinanza. Nessuna di queste affermazioni corrispondeva a verità: Superti non aveva alcun mandato da parte delle formazioni Garibaldi e della “Beltrami”, nessuna delega del ClnAI, il Cln locale ancora non esisteva e la popolazione non era stata interpellata (né mai lo sarebbe stata). Il 10 settembre si insediò dunque una giunta presieduta dal più noto antifascista di Domodossola, il socialista Ettore Tibaldi, costretto nella primavera precedente a rifugiarsi nella Confederazione elvetica per sfuggire all’arresto e rientrato precipitosamente con altri colleghi esuli oltre frontiera.

Nonostante i difficili rapporti con i comandi partigiani di Superti e Alfredo Di Dio, che tendevano a sovrapporsi alla giunta e a discriminare politicamente le sinistre e i garibaldini – e le non distese relazioni con il ClnAI, che accusava il governo ossolano di eccessivo autonomismo – alla nuova giunta parteciparono i rappresentanti di tutti i partiti antifascisti e, nei quaranta giorni in cui rimase in carica, essa svolse una mole imponente di lavoro, giungendo in parte a risultati concreti: venne abolito il sindacato fascista e furono ristabilite le organizzazioni sindacali libere; furono regolamentati i prezzi e il mercato dei generi di prima necessità; fu affrontato il problema della revisione dei testi scolastici, preventivando per il 16 ottobre la riapertura delle scuole; vennero nominati commissari per i comuni; fu indirizzata la ripresa della produzione industriale dell’apparato locale, intrecciando trattative con la Svizzera per scambi commerciali; fu riorganizzata la polizia e tentato l’arruolamento (ostacolato dai comandi partigiani autonomi) di una guardia nazionale fra i cittadini; fu istituito un campo di concentramento per prigionieri. Per agevolare il commercio furono emessi buoni di carta di piccolo taglio, un abbozzo di banconote, e fu richiesta all’Unione postale universale l’autorizzazione per l’emissione di francobolli con timbro “CLN Giunta Provvisoria dell’Ossola”. Ristabilita la libertà di stampa, oltre all’organo ufficiale del governo (il “Bollettino Quotidiano d’Informazione”), al settimanale “Liberazione” e alle testate di partito “l’Unità” e l’“Avanti!”, nella Repubblica circolarono i giornali delle formazioni partigiane, “Unità e Libertà”, della 2ª divisione Garibaldi, “Il Patriota” delle “Matteotti”, il volantino quotidiano della divisione “Valtoce” con l’analoga intestazione. Un fattore importantissimo per la sopravvivenza della Repubblica dell’Ossola fu la Svizzera, sia perché geograficamente proteggeva il territorio da attacchi alle spalle, sia perché permise di avere da subito una visibilità internazionale, attraverso i giornalisti di tutto il mondo che risiedevano sul suo territorio neutrale e che osservavano con grande interesse la prima prova di democrazia in Italia. Appena un mese dopo, però, al primo accenno dell’affievolirsi della pressione alleata sui fronti di guerra, tedeschi e fascisti decisero di porre fine a quell’esperienza. Tra i dodici e i tredicimila uomini, con artiglierie e mezzi blindati, vennero ammassati a Gravellona Toce e a Cannobio. Il 10 ottobre si scatenò l’offensiva e le formazioni partigiane, nonostante fossero drammaticamente deficitarie di armi e di munizioni, tentarono comunque la resistenza mentre la giunta invocava invano rifornimenti dagli Alleati. Travolta dalla superiorità dell’attacco, la maggioranza delle forze partigiane, insieme a migliaia di ossolani (più della metà della popolazione della valle) e alla giunta – che tenne le sue ultime riunioni il 15 e 16 ottobre a Ponte di Formazza – cercò scampo in Svizzera, spesso nascondendo le armi con l’intento di riprendere la lotta appena possibile. Nel novembre, infatti, lentamente, si sarebbe lavorato per la ripresa partigiana in zona, ma la storia della libera Repubblica era definitivamente conclusa e il 23 ottobre reparti tedeschi e fascisti rientrarono in Domodossola.

Sede della Giunta della “Repubblica dell’Ossola” e luogo in cui dall’11 settembre 1944 per un mese si tennero le riunioni del governo provvisorio fu l’attuale Palazzo civico di Domodossola, nella cui sala consiliare tuttora si riunisce il Consiglio comunale della città. Nel 1984, su iniziativa delle associazioni partigiane e con la collaborazione dell’Istituto Storico della Resistenza di Novara, l’amministrazione comunale decise di dedicare la sala a ricordo di quella straordinaria esperienza, allestendovi in mostra fotografie, atti e documenti che riflettevano alcuni momenti o episodi emblematici della lotta di Liberazione. Quella sistemazione non ha voluto trasformare la sala in un museo tradizionale, ma conservarla alle normali funzioni istituzionali degli amministratori della città. Nel lungo tavolo a ferro di cavallo attorno al quale siedono tuttora i consiglieri e la Giunta, dunque, sono state sistemate sottovetro copie di documenti del governo del territorio libero e di fonte fascista, mentre lungo tutto il perimetro della sala sono stati esposti pannelli fotografici – accompagnati da testi di ricostruzione storica – che ripercorrono le fasi della liberazione della valle e altre vicende che interessarono la zona tra l’armistizio dell’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. Un itinerario che parte dalle immagini del drammatico corteo dei 43 fucilati nel giugno 1944 a Fondotoce e si snoda fino alla ritirata partigiana dell’ottobre sotto la pressione dell’offensiva nazifascista, passando per le immagini di partigiani a Domodossola e Villadossola libere o della Brigata nera di Novara in procinto di partire per l’Ossola per l’operazione di riconquista del territorio. L’arredo della sala è stato poi completato con una teca che custodisce il gonfalone civico decorato di medaglia d’oro al valore militare per i fatti che la sala ricorda e con la mappa del territorio liberato. In occasione del 60° anniversario della Repubblica dell’Ossola, la sala è stata ristrutturata: pur rispettando l’originale disposizione di strutture e materiali esposti (immagini, documenti, ecc.) molti testi sono stati semplificati, nuove fotografie aggiunte ed è stato risistemato l’ingresso. Nel 2014 la sala è stata intitolata a Ettore Tibaldi.

  In Auto: autostrada A26 Voltri-Sempione fino a Gravellona Toce, proseguire lungo la superstrada SS33 del Sempione fino a Domodossola.
  In treno: tratte da Milano, Torino, Novara e dalla Svizzera.
  In bus: linee da Novara e Verbania
Comune di Domodossola