Sala storica della Resistenza

Piemonte | Villadossola (VB)

Il luogo e le vicende

Nel 1943, Villadossola aveva 5.812 abitanti e poteva già contare su di una corposa struttura aziendale che impiegava oltre 2.500 lavoratori e che, per la maggiore, era costituita dall’acciaieria e fonderia Pietro Maria Ceretti, dalla Società Anonima Saccherie Agricole, dall’acciaieria SISMA, dalla chimica Montecatini e dalla Società Italiana di Prodotti Sintetici. Secondo lo storico T. Bertamini, l’insediamento industriale nell’Ossola, e in particolare a Villadossola, iniziò nel 1804 quando l’azienda “Pietro Maria Ceretti” vi costruì un forno per la produzione di ghisa. Nell’arco di qualche decennio la produzione aumentò progressivamente e così la manodopera impiegata. Alla fine del secolo, negli anni del decollo industriale, fu costruita anche la prima centrale idroelettrica dell’Ossola e, nel 1888, venne completata la linea ferroviaria Novara-Domodossola. Nel 1906, poi, lo stabilirsi dei collegamenti internazionali attraverso il tunnel del Sempione favorì ulteriormente lo sviluppo industriale di Villadossola e alle prime strutture industriali della famiglia Ceretti se ne aggiunsero presto altre, mentre il paese cresceva in relazione all’accresciuta dimensione delle fabbriche. Dell’importanza che andava assumendo il polo industriale ossolano si accorse anche l’esercito tedesco che impose alle aziende di Villadossola di lavorare per il “fabbri-guerra”. A soli due mesi dall’inizio dell’occupazione nazista, però, essa fu teatro di uno dei primi episodi di resistenza, e in particolare della prima insurrezione armata nell’Italia del nord. L’8 novembre 1943, infatti, circa cinquanta uomini in armi scesero dalla frazione Pianasca, ove dal 28 ottobre si erano radunati militari sbandati, lavoratori delle fabbriche di Villadossola ed antifascisti. Scopo di quella azione era trovare finanziamenti per il gruppo appena costituitosi e obiettivi principali furono gli stabilimenti del paese ove, in mattinata, era prevista la distribuzione mensile delle paghe alle maestranze. Nel volgere di un’ora e mezza il paese cadde nelle mani dei “ribelli”: la produzione fu fermata in tutti gli stabilimenti e i punti nevralgici del paese – la stazione ferroviaria, le vie d’accesso all’abitato e le caserme dei carabinieri e della guardia di finanza – vennero espugnati facilmente, anche grazie all’aiuto di buona parte della popolazione. Durante la giornata poi, i partigiani della Pianasca riuscirono a difendere il paese da due puntate di reparti tedeschi e fascisti, mossi a mezzogiorno da Domodossola e in serata da Pallanzeno; la mattina seguente, però, vennero risvegliati dal rombo di tre aerei Junkers 88 che scaricarono una trentina di bombe sul paese. Contemporaneamente, due reparti nazisti marciarono su Villadossola da nord e da sud, reimpadronendosi del paese già a metà mattina. A conclusione di un processo-farsa celebrato presso l’albergo Italia, i presunti capi della rivolta, tra i quali Redimisto Fabbri, vennero fucilati l’11 novembre a Pallanzeno. A fine anno, nuove fucilazioni vennero eseguite a Novara, mentre altri villadossolesi che avevano partecipato all’insurrezione vennero deportati in Germania. Molti altri dovettero fuggire sui monti o riparare all’estero. La “scintilla” di Villadossola era comunque destinata a restare viva nel ricordo degli ossolani, e funse da prezioso insegnamento – sia convincendo della possibilità di combattere gli occupanti sia obbligando a ripensare criticamente agli errori commessi – per i partigiani che un anno dopo, il 9 settembre 1944, avrebbero dato vita all’esperienza della Repubblica dell’Ossola.

Nel 1981, l’Anpi di Villadossola iniziò a raccogliere oggetti e carte della lotta partigiana, non solo tra gli abitanti del paese ma in tutta la val d’Ossola, con l’obiettivo di farne un museo. Ottenuta una sede dall’amministrazione comunale, il 25 aprile 1983 i partigiani inaugurarono una sala con centinaia di immagini, cimeli e documenti riguardanti per lo più le formazioni del territorio ossolano. Nel tempo, il materiale è stato organizzato in un percorso cronologico che parte dagli anni del regime fascista e giunge alla lotta di Liberazione, ricordando anche figure ed episodi di altri luoghi come l’uccisione dei sette fratelli Cervi. Questo ampio “racconto” si svolge attraverso numerosi materiali eterogenei, dai cimeli bellici – armi, divise, bandiere e fazzoletti di brigata – alle stoviglie usate in montagna dai “ribelli”; dai manifesti e volantini fascisti (alcuni dei quali anche in fotocopia) alle carte ingiallite dei comandi e dei distaccamenti partigiani; dalle fotografie dei caduti ai ritratti di giovani armati e sorridenti in posa alla fine della guerra. La mostra non è suddivisa in sezioni anche se alcune sue tappe sembrano scandite da 15 dipinti dell’ex partigiano Mario Caio che, in una sorta di “via crucis”, ricompongono il contesto storico alternando vicende nazionali a episodi locali. In questi quadri sono dunque raffigurate la caduta del fascismo e la fuga dei reali dopo l’armistizio e le diverse fasi della lotta partigiana nel territorio ossolano. Ai fatti locali è naturalmente riservato uno spazio particolare: dall’”insurrezione” di Villadossola (con operai in tuta blu che disarmano i fascisti) alla battaglia di Megolo, dalle prime riunioni del Cln ossolano all’attività delle giovani staffette e alla solidarietà delle popolazioni montane verso i “ribelli”. Particolare spazio, infine, ha nell’esposizione il ricordo dei caduti cui è dedicato una sorta di altare commemorativo, costeggiato da tricolori e medaglie al valore con la ritualità e la simbologia di quella tradizionale religione civile che ancora oggi caratterizza tanta memoria partigiana.

  In Auto: autostrada A26 Voltri-Sempione fino a Gravellona Toce, proseguire lungo la superstrada SS33 del Sempione fino a Villadossola.
  In autobus: linee da Novara e Verbania .
  In treno: tratte da Milano, Torino, Novara e dalla Svizzera.
Comune di Villadossola